Salvatore Satta nacque a Nuoro il 9 agosto del 1902. Iniziò la sua formazione liceale al Ginnasio Giorgio Asproni di Nuoro e si diplomò al Liceo Classico Azuni di Sassari; nel 1922 frequentò la Regia Università di Pavia, per poi proseguire gli studi in giurisprudenza a Pisa e laurearsi, col massimo dei voti, a Sassari.
Ebbe una parentesi letteraria con il romanzo “ La veranda ”, testimonianza di una malattia durata due anni, ma la delusione per lo scarso riscontro avuto lo portò alla decisione di dedicarsi esclusivamente al diritto.
Nel 1932 gli furono assegnate diverse cattedre universitarie e proprio in questo ambiente conobbe la futura moglie, Laura Boschian, da cui ebbe due figli, nati a Genova.
La famiglia dovette però lasciare il capoluogo ligure a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale; questi eventi condizionarono la sensibilità di Salvatore Satta a tal punto che lo spinsero a scrivere, tra il 1944 e il 1945, “ De profundis ”, pagine colme di sarcasmo e tristezza che cercano una risposta all’analisi degli ultimi tragici vent’anni di storia dell’Italia e dell’Europa.
La pubblicazione di questo libro suscitò un interesse notevole nel pubblico, ma Satta non poté godere appieno del successo a causa della grave malattia che stava consumando uno dei suoi figli.
Nonostante il periodo personale difficilissimo, insieme alla sua famiglia riuscì a risolvere le difficoltà che lo opprimevano e al ritorno da un lungo viaggio in Europa e in Israele gli fu conferita la cattedra di Diritto processuale all’Università di Roma, dove si stabilì definitivamente con la famiglia.
In questi anni, Salvatore Satta stilò il colossale Commentario al codice di procedura civile e scrisse quello che diventerà poi il suo “ testamento ” degli studi fatti sulla disciplina del diritto: Soliloqui e colloqui di un giurista.
Salvatore Satta, oggi ricordato come l’esperto di diritto che per primo sostenne la centralità del processo nell’esperienza giudiziaria, morì a Roma il 19 aprile del 1975 a causa di un male incurabile.
Dopo la sua morte, la famiglia trovò in un cassetto il dattiloscritto Il giorno del giudizio, che venne ripubblicato da Adelphi nel 1979 e tradotto in diciassette lingue.