Il sassarese (sassaresu o turritanu) è l’idioma parlato nell’estremità nord-occidentale della Sardegna e più precisamente nelle città di Sassari, Porto Torres, Sorso e Stintino. Chiamato anche turritano, presenta molti elementi in comune con l’altra varietà alloglotta del sardo, il gallurese, toccandolo idealmente in quella linea di transizione tra le due lingue che comprende i comuni di Castelsardo, Tergu, Sedini e Valledoria; in cui si parla una variante, detta castellanese, con tratti lessicali e fonetici acquisiti da entrambi i dialetti.
Nato a cavallo tra il XII e il XIII secolo, il sassarese è definito dal linguista Max Leopold Wagner un dialetto “ ibrido ” sulla base di un “ toscano corrotto con qualche traccia genovese, e con non pochi vocaboli sardi ”; l’idioma parlato nel nord-ovest dell’isola – come riporta anche lo scrittore e storico turritano Enrico Costa – presenta infatti elementi linguistici tipici del pisano, del ligure e del corso e profonde analogie con il dialetto gallurese e il sardo logudorese.
Così come al tabarchino di Carloforte e Calasetta, al catalano di Alghero e alla lingua della Gallura, anche al sassarese è riconosciuta giuridicamente, dalla Regione Autonoma della Sardegna, la stessa rilevanza culturale e linguistica delle due macro-varianti della lingua sarda (logudorese e campidanese), attraverso la Legge Regionale n. 26 del 15 ottobre 1997 (art. 2, comma 4) sulla “ Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna ”.
Proverbi e modi di dire in sassarese
• Ca si pecca, mari si senti
(Chi si pecca, male si sente)
• A paga’ v’è sempri tempu
(A pagare c’è sempre tempo)
• A parauri macchi, arecci sordhi
(A parole sceme, orecchie sorde)
• Faraddi li Candareri, a fora li brasgeri
(Scesi i Candelieri, fuori i bracieri)
• L’intradda di lu lioni e l’iscidda di lu mazzoni
(L’entrata del leone e l’uscita della volpe)