My Sardinia

Autore: Mario Lo Monaco

  • Stagno di San Teodoro

    Lo Stagno di San Teodoro, conosciuto anche come Laguna di San Teodoro, è un sito di importanza comunitaria (SIC) inserito nell’elenco delle zone speciali di conservazione e nell’Area Marina Protetta Tavolara-Punta Coda Cavallo.

    Appartenente all’omonimo comune in provincia di Sassari, lo stagno è situato alle spalle della spiaggia La Cinta e presenta un’estensione di circa duecentoquaranta ettari, con una profondità che varia tra i settanta e i centoventi centimetri.

    Accessibile e visitabile attraverso alcuni percorsi specifici, delimitati da staccionate in legno, lo stagno di San Teodoro rappresenta un vero e proprio tesoro naturalistico, ricco di straordinarie specie floro-faunistiche che rendono il suo ecosistema un eccezionale patrimonio biologico.

    L’habitat della laguna di San Teodoro è infatti popolato da splendidi endemismi ed esemplari palustri e marini, circondati dalla fitta e rigogliosa vegetazione tipica della macchia mediterranea; tra le specie animali che abitano l’ambiente naturale della laguna, vale la pena menzionare la spigola, l’orata, il cefalo e l’avifauna che nidifica e migra, composta perlopiù da cormorani, aironi, martin pescatore, falco di palude, gheppio e fenicottero rosa.

    Le sponde dello stagno di San Teodoro sono inoltre circondate da lunghe distese di salicornia, verde o rossa a seconda delle stagioni, e i percorsi sono immersi nella profumata e lussureggiante vegetazione comprendente perlopiù lentischio, ginestra, mirto, querce da sughero, erbe aromatiche, ginepro, olivastro e orchidee selvatiche.

  • Stagno di Platamona

    Lo Stagno di Platamona, situato nel territorio comunale di Sorso, in provincia di Sassari, è una delle zone umide più estese della Sardegna settentrionale, classificata – insieme al ginepreto – come sito di importanza comunitaria (SIC) e inserita – con delibera regionale del 1996 – in un’oasi permanente di protezione faunistica e di cattura.

    Collocato nella parte nord-occidentale dell’isola, a circa cinque metri sopra il livello del mare, lo stagno dista pressapoco seicento metri dall’omonima spiaggia di Platamona, bagnata dalle acque del Golfo dell’Asinara, e si estende lungo una superficie di quasi tre chilometri (novantacinque ettari), con una larghezza massima di duecentocinquanta metri e una profondità media di cinquanta centimetri circa.

    Le acque dello Stagno di Platamona, nonostante l’esigua distanza dal mare, sono prevalentemente dolci o a bassissima salinità e alimentate soprattutto dal Rio Buddi Buddi. Dalla struttura piuttosto irregolare e caratterizzata dalla presenza di numerose dune sabbiose, la laguna presenta un ricco ambiente naturale comprendente molteplici esemplari di piante acquatiche, il canneto e il ginepreto.

    Non meno rilevanti risultano essere le specie faunistiche – uccelli, anfibi e rettili – che popolano l’habitat dello Stagno di Platamona, migrando o nidificando; tra gli esemplari più importanti vale la pena menzionare l’airone rosso, il gabbiano roseo, il falco di palude, il fenicottero, il germano reale, la folaga, il pollo sultano, la raganella sarda, il rospo smeraldino, la testuggine comune e la lucertola campestre.

  • Rio Posada

    Il Rio Posada, nasce alle falde della Punta di Senalonga, nel territorio comunale di Alà dei Sardi, in provincia di Sassari, è un corso d’acqua che attraversa diversi comuni della Sardegna settentrionale per circa cinquanta chilometri, fino ad arrivare al comune di Posada dove sfocia nel Mar Tirreno all’estremo nord della spiaggia di Orvile.

    Gli affluenti principali del Rio Posada, che sorge a circa 1077 metri sopra il livello del mare, sono il Rio Mannu, il Rio Sas Pruneddas – che nascono entrambi alle pendici del Monte Albo – e il Rio Altana, le cui sorgenti si trovano in stretta vicinanza con quelle del Fiume Tirso.

    La foce del Rio Posada, circondata da numerosi stagni, ricopre un’area di notevole interesse naturalistico, soprattutto per via del patrimonio floro-faunistico che popola il suo habitat: ricco di variegate piante acquatiche, una vegetazione palustre di considerevole importanza e alcune specie animali tra cui spiccano in modo particolare gli uccelli, come il pollo sultano, il falco di palude, il fenicottero rosa, il germano reale, gli aironi, la folaga e la gallinella d’acqua.

    Sbarrato dalla diga di Maccheronis, all’altezza del territorio comunale di Torpè, in provincia di Nuoro, il Rio Posada dà origine a un bacino artificiale – chiamato per l’appunto Lago di Torpè – che si estende lungo una superficie di quasi tre chilometri di lunghezza e circa un chilometro di larghezza.

    Gran parte dell’ecosistema che si affaccia sul fiume e, più precisamente, nei territori comunali di Bitti, Lodè, Torpè e la stessa Posada, costituisce – insieme ai Monti Tepilora, alle diramazioni montuose di Sant’Anna e alle falde del Monte Albo – il Parco Regionale di Tepilora, Sant’Anna e Rio Posada, in via di istituzione dal 2008 e con un’estensione di quasi seimilacinquecento ettari.

  • Monte Pulchiana

    Il Monte Pulchiana, situato sopra un tavolato della Gallura settentrionale, in provincia di Sassari, è il più grande monolite granitico della Sardegna – con un’altezza di circa centodieci metri e un perimetro di base dal diametro di centoventi metri – ed è stato inserito, con decreto del 1994 istituito dall’Assessorato regionale in Difesa dell’Ambiente, tra i monumenti naturali dell’isola.

    Collocato a 550-673 metri sopra il livello del mare, nel territorio comunale di Tempio Pausania, l’inselberg – costituito prevalentemente da leucograniti a biotite – presenta una singolare forma tondeggiante, comunemente detta “ a panettone ”, un colore giallo-rosato dovuto ai processi di ossidazione ed è circondato da una bassa vegetazione non particolarmente rigogliosa.

    Il paesaggio granitico in cui il Monte Pulchiana è inserito rappresenta uno spettacolo naturalistico unico e raro, delineato dagli splendidi esemplari di querce da sughero e dagli elementi tipici della macchia mediterranea.

    Non mancano inoltre numerosi resti di insediamenti archeologici che rendono tutto l’altopiano in cui è collocato il Monte Pulchiana – chiamato in gallurese Li Parisi – straordinariamente rilevante anche da un punto di vista storico e culturale: dalle tombe preistoriche in tafone alle domus de janas di Viddalba, passando per i nuraghi – sia circolari che a corridoio –, tra i quali vale la pena menzionare quelli di Santa Barbara, Paltitoggiu, Bastinacciu, Avru Mannu, Nuracheddu e Monti Longu.

    Il terreno circostante il Monte Pulchiana è oggi utilizzato perlopiù per il pascolo e la caccia al cinghiale ed è facilmente accessibile grazie alla sua collocazione limitrofa al Parco Regionale del Limbara.

  • Monte Albo

    Il Monte Albo (in lingua sarda Monti Arbu), situato nella zona centro-orientale della Sardegna e, più precisamente, nei territori comunali di Lula e Siniscola, in provincia di Nuoro, è un imponente massiccio calcareo lungo oltre venti chilometri e alto più di mille metri.

    Con le sue cime più elevate Punta Catirina e Punta Turuddò, collocate l’una di fronte all’altra – il Monte Albo raggiunge infatti i 1127 metri di altezza e domina con la sua maestosità tutto il paesaggio della regione storica della Baronia settentrionale; tra le sue vette più alte vale inoltre la pena menzionare anche Punta Ferulargiu (1057 metri), Punta Romasino (1055 metri), Punta Su Mutrucone (1050 metri), Punta Gurturgius (1042 metri) e Punta Cupetti (1029 metri).

    Caratterizzato dalla presenza di pareti rocciose alte centinaia di metri, grotte, inghiottitoi e strapiombi – che lo rendono tra l’altro perfetto per gli amanti del trekking, delle arrampicate e delle escursioni –, il Monte Albo ricopre un territorio di notevole importanza naturalistica e paesaggistica, grazie anche al suo ricco patrimonio floro-faunistico comprendente numerosi endemismi rari; la vegetazione che circonda l’ecosistema della catena dolomitica è ancora perlopiù costituita da foreste di leccio – malgrado i frequenti incendi – e, per via della sua rilevanza da un punto di vista botanico, è stata proposta come Riserva Genetica Integrale, Biotopo di considerevole Importanza Botanica degna di Conservazione e come Riserva Biogenetica di Importanza Europea.

    L’ambiente del Monte Albo è infatti ricco di eccezionali piante endemiche ed elementi tipici della macchia mediterranea come l’acero minore, l’erica, il corbezzolo, l’euforbia, il cisto e il ginepro. La fauna che popola l’habitat del massiccio calcareo è altresì considerevole e variegata, comprendete straordinarie specie animali come il muflone, il ghiro, il gatto selvatico, la volpe, la lepre, il cinghiale, lo sparviero, il falco pellegrino, il corvo imperiale, la pernice e l’aquila reale.

    Sul Monte Albo sono inoltre stati rinvenuti alcuni reperti e insediamenti archeologici che testimoniano la presenza dell’uomo già dal neolitico: dai nuraghi alle domus de janas, passando per le grotte, le statue, i monili, le tracce delle abitazioni e altri numerosi resti che rendono questo luogo incantevole e rilevante anche da un punto di vista storico e culturale.

  • Grotte di Is Zuddas (Su Benatzu)

    Le Grotte di Is Zuddas, situate nella zona sud-occidentale della Sardegna e, più precisamente, nel territorio comunale di Santadi, a soli 500 metri dalla frazione di Su Benatzu, in provincia del Sud Sardegna, sono cavità calcaree lunghe all’incirca 1650 metri, create dall’acqua e sviluppate all’interno del massiccio roccioso chiamato Monte Meana (236 metri sopra il livello del mare).

    Caratterizzate dalla presenza di numerose sale – completamente differenti l’una dall’altra e chiuse da pareti ricche di straordinarie colate, cannule, concrezioni stalagmitiche e stalattitiche –, le Grotte di Is Zuddas possono essere visitate attraverso un percorso che si estende per quasi cinquecento metri e consente di ammirare anche le caratteristiche e spettacolari aragoniti aghiformi, denominate dagli speleologi fiori di grotta.

    La sala più bella delle Grotte di Is Zuddas è probabilmente quella cosiddetta dell’Organo – per via della presenza di una maestosa colonna di stalattiti e stalagmiti, che richiama la forma di un organo a canne –, che ospita ogni anno, sotto Natale, un incantevole presepe fatto di sculture in trachite.

    La temperatura all’interno delle Grotte di Is Zuddas si aggira intorno ai sedici gradi e la visita guidata – che dura all’incirca un’ora – inizia con l’osservazione dei resti di un roditore presente esclusivamente in Sardegna e in Corsica ed estinto quattro secoli fa (Prolagus Sardus); prima di arrivare alla Sala dell’Organo e proseguire lungo un breve tunnel che conduce al suggestivo Salone del Teatro, oltre il quale si raggiunge il vero e proprio fiore all’occhiello dell’intera cavità: la meravigliosa Sala delle Eccentriche, delimitata da pareti ornate con straordinarie e rarissime aragoniti eccentriche che, concentrate in un solo ambiente e sviluppate in ogni direzione, rendono le Grotte di Is Zuddas uniche al mondo.

  • Grotte di San Giovanni (Domusnovas)

    Le Grotte di San Giovanni, situate nel territorio comunale di Domusnovas, in provincia del Sud Sardegna, sono un monumento naturale istituito dalla Regione Autonoma della Sardegna nel 1999, con determinazione del direttore generale dell’Assessorato alla Difesa dell’Ambiente.

    Sovrastata a oriente dal Monte Acqua (540 metri) e a occidente da Punta San Michele (908 metri), le grotte – che devono il proprio nome a una caverna usata anticamente come cappella dedicata a San Giovanni – si è generata in seguito al cedimento di un’enorme massa calcarea rocciosa, provocato dal passaggio di un fiume sotterraneo.

    Completamente illuminate, le Grotte di San Giovanni risultano essere particolarmente singolari e uniche in Italia per via della presenza, al suo interno, di una strada praticabile che si estende per tutta la sua lunghezza. Il ramo principale della cavità, lungo all’incirca ottocentocinquanta metri, è interamente lambito dal rio ed è caratterizzato dalla presenza di enormi raggruppamenti a vaschetta e concrezioni di stalattiti e stalagmiti; gli altri due livelli delle Grotte di San Giovanni – il ramo superiore detto Bobore e il ramo attivo chiamato Su Stampu de Pireddu sono invece accessibili esclusivamente agli speleologi esperti e portano la lunghezza complessiva del monumento a circa duemila metri.

    Accanto ai due ingressi delle grotte, collocati rispettivamente a nord e a sud, sono stati inoltre rinvenuti alcuni resti di gigantesche mura preistoriche che avevano presumibilmente lo scopo di fortificarli e che rimasero in piedi fino al Diciannovesimo secolo; all’interno del sito sono stati invece ritrovati diversi reperti, perlopiù frammenti di vasellame, che testimoniano l’utilizzo della cavità come riparo o nascondiglio.

    Durante l’inverno, l’ingresso settentrionale della Grotta di San Giovanni assorbe un piccolo corso d’acqua che scorre adiacente alla strada e raggiunge l’entrata meridionale della caverna, rendendola pressoché inaccessibile. La strada asfaltata che attraversa la Grotta di San Giovanni termina il suo percorso nella Valle di Oridda, bagnata dal Rio Sa Duchessa e immersa in un contesto ambientale – ricco di lecci, querce e tracce di complessi minerari – che conferiscono al sito una notevole importanza naturalistica, paesaggistica e culturale; oltre a renderlo meta preferita di arrampicatori sportivi provenienti da tutta l’Europa.

  • Grotta Corbeddu (Oliena)

    La Grotta Corbeddu, situata nel territorio comunale di Oliena, in provincia di Nuoro, è così chiamata per via del noto bandito sardo, Giovanni Corbeddu, che verso la fine dell’Ottocento la utilizzò per diversi anni come nascondiglio.

    Lunga all’incirca centotrenta metri, la cavità è caratterizzata dalla presenza di tre sale, all’interno delle quali sono stati rinvenuti importanti reperti archeologici e numerosi resti umani risalenti ad almeno ventimila anni fa, che attestano la presenza umana in Sardegna fin dai tempi antichissimi. La Grotta Corbeddu, abitata anche nel neolitico, conservava al suo interno anche diverse ossa di specie animali oggi estinti.

    Incastonata nel Supramonte, la cavità è una delle più incantevoli e affascinanti dell’intero complesso montuoso e le sue sale, collegate da corridoi e gallerie, sono ambienti di discrete dimensioni illuminati dalla luce proveniente dall’ingresso, con pareti e pavimento completamente levigati e impreziositi da concrezioni stalagmitiche e formazioni calcaree colonnari; alla fine della terza stanza è collocata una minuscola apertura riguardante un pozzo che, in tempi molto antichi, collegava la Grotta Corbeddu all’ampio sistema idrogeologico formato da Sa Oche, Su Bentu e dalla splendida sorgente carsica de Su Gologone.

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